CLAXICA 2019




                                             di Mauro Tamburrini


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Intervista a GIORDANO PASSINI, Chitarrista e Direttore Artistico di CLAXICA, di Federica Badiali.

10/2/2019

Siamo a a Castel d'Aiano, piccola località dell'Appennino bolognese: questi sono luoghi bellissimi anche se non proprio vicini alla città, nei quali non ci si aspetterebbe un grande interesse per la musica. Eppure è proprio qui che, presso la sede della scuola di musica Ousiarmonica, incontriamo Giordano Passini in un momento di pausa durante l'organizzazione dell'undicesima edizione di CLAXICA, XI Festival internazionale di chitarra classica, che si svolgerà tra Montese e Castel d'Aiano dal 16 al 21 luglio 2019.

Giordano Passini è ormai un concertista affermato, in Italia ed all'estero, ma è anche molto impegnato nell'insegnamento, quindi, prima di parlare di Claxica, iniziamo con qualche domanda sul suo rapporto con la musica.


Dopo tanti anni di studio e di lavoro, come concertista e come insegnante, ti senti più un chitarrista o un musicista?

Musicista, sicuramente. Lo strumento, qualsiasi esso sia, è solo uno mezzo: secondo me l'essere musicista è al di sopra della chitarra, che ha solo il ruolo, comunque importantissimo, di veicolare l'espressione musicale.


Una posizione molto chiara. Però vorrei che spiegassi meglio cosa significa per te essere un musicista (e un chitarrista).

Per me significa riuscire ad esprimere qualcosa, a prescindere dal proprio strumento e dai limiti dello strumento stesso, quando suoniamo stiamo veicolando pensieri ed emozioni, stiamo utilizzando un linguaggio. Essere un musicista significa uscire da quegli schemi mentali e tecnici che sono necessari per raggiungere certi livelli, come per una lingua occorre conoscere le regole e saperle padroneggiare, ma poi gli schemi devono essere superati per lasciar uscire la vera ragione per la quale lavoriamo: la musica.


Potresti fare qualche nome di tuoi maestri, o di chitarristi del passato che per te sono un riferimento?

In questo momento del mio percorso artistico Aniello Desiderio è un maestro nel senso più ampio possibile di questa parola; tra i chitarristi del passato, invece, un riferimento è certamente Julian Bream; inoltre ultimamente sto approfondendo con la dott.ssa Alessandra Ambrosino la componente mentale del fare musica e della performance in pubblico. Questo si sta rivelando un percorso molto interessante, che credo mi stia portando ad una consapevolezza maggiore. Purtroppo la preparazione accademica non porta ad approfondire questi aspetti che credo siano  importantissimi nella vita di un musicista: sarebbe davvero utile se gli studenti fossero abituati a lavorare in questa direzione sin dai primi anni di studio.


Secondo te, per la costruzione di un proprio percorso di interprete, è importante ascoltare anche musiche che non eseguono o non si amano?

Ascolto molto difficilmente musica per chitarra, preferisco, ad esempio, grandi pianisti come   Glenn Gould, o tra gli interpreti di oggi Daniil Trifonov. Di questi interpreti mi piace ascoltare il fraseggio e confrontare le diverse esecuzioni. Amo anche ascoltare gli stessi brani che suono e studio io, ma con strumenti diversi dalla chitarra, oppure ampliare la mia conoscenza della produzione degli stessi autori, ma per altri strumenti.


Dal punto di vista dell'esecuzione, cosa è più importante per te? La ricerca di un proprio suono attraverso l'interpretazione oppure la tensione verso un impeccabile virtuosismo?

Penso che il bel suono in assoluto non esista, però è il nostro biglietto da visita. Questa è la caratteristica peculiare della chitarra: non ha il volume di altri strumenti, o le possibilità polifoniche del pianoforte, però permette, anzi, obbliga l'esecutore a sviluppare un proprio timbro personale e riconoscibile.


Nella tua attività di musicista qual è il rapporto tra le due personalità del docente e del concertista ? Sono conseguenti l'una all'altra?

Sono due aspetti indipendenti, mi sento principalmente un concertista, ma dopo anni di esperienza credo che l'insegnante abbia bisogno di conoscere bene anche l'esperienza dell'esecuzione davanti al pubblico.


Qual è quindi il tuo approccio all'insegnamento?

Ho iniziato presto ad insegnare, probabilmente prima di diventare un concertista, di conseguenza è cambiato nel tempo il mio modo di insegnare, cerco di trasferire nell'insegnamenti alcuni aspetti che son stati importanti nel mio percorso di concertista, come aspetti tecnici oppure carenze con le quali mi sono dovuto confrontare in prima persona, senza essere preparato.


Che rapporto instauri con i tuoi allievi?

Secondo me la prima cosa da stimolare è la curiosità: studiare uno strumento richiede disciplina, che nel tempo costituirà la struttura del musicista, ma senza curiosità difficilmente si ottiene un risultato. La severità invece secondo me è inutile, se l'allievo ti teme significa che alla tua capacità di insegnare manca qualcosa: manca quella scintilla che porterà i ragazzi a sviluppare un propria personalità.


Esibirsi in pubblico è una grande emozione, soprattutto per i più giovani. Cosa consigli ai tuoi allievi per affrontare nel modo migliore questo momento?

L'obiettivo principale sul quale vorrei che si concentrassero è comunque quello di divertirsi, di riuscire a cogliere il piacere di essere sul palco e di godersi quel momento. Uno dei miei maestri mi disse che la vita del concertista è triste, sempre da solo tra aeroporti, hotel e ore di studio, per questo motivo nell'esibizione davanti al pubblico devi ritrovare quelle emozioni in grado di ripagarti dei tanti sacrifici e della fatica, al di là degli schemi e delle impalcature.


Schemi e impalcature sul palco? Puoi spiegarci meglio?

Certamente. Quello della chitarra classica è un mondo difficile, chiuso, competitivo anche in un modo che visto dall'esterno può sembrare ridicolo, in una perenne gara di velocità con il metronomo, oppure troppo concentrato sugli aspetti tecnici, su come sia meglio tenere un dito: dopo avere passato tante ore da solo in camera a studiare è davvero difficile sganciarsi da tutto questo durante il concerto, che invece secondo me dovrebbe essere il momento più gratificante per l'esecutore.


Pensi che i concorsi di esecuzione possano essere di aiuto e di stimolo ai giovani concertisti?

Secondo me anche i concorsi oggi influiscono negativamente sui chitarristi, ti allontanano da quello che dovrebbe essere l'obiettivo di ogni musicista, cioè esprimere la propria personalità attraverso la musica: in queste competizioni è un aspetto che non riesce ad emergere, perché si privilegia molto la perfezione tecnica rispetto all'espressività nell'esecuzione. Insomma, quella dei concorsi per chitarra, salvo pochissime eccezioni, è una condizione ben diversa da quella dei grandi concorsi pianistici, nei quali i candidati hanno modo di esprimere al meglio le proprie capacità non solo tecniche, ma anche espressive, questo perché le risorse a disposizione sono molto maggiori rispetto ai concorsi per il nostro strumento, permettendo una valutazione molto più articolata dei candidati.


Quali sono le emozioni ricorrenti quando suoni?

La condizione migliore, che però per molti motivi non sempre è possibile -ma su questo aspetto sto lavorando con Alessandra Ambrosino- è quando riesco ad essere completamente immerso nel brano che sto eseguendo, tanto che alla fine del pezzo la sensazione è quella di uscire quasi da uno stato di trance, riuscendo a guidare il pensiero musicale al di là del controllo della tecnica. Più in generale prediligo la malinconia, uno stato d'animo nel quale mi sento pienamente a mio agio, quindi mi piace cercarlo anche nella musica che eseguo.


Riusciresti ad immaginarti in un mondo senza musica?

Naturalmente no: penso che un mondo senza musica, così come un un mondo senza espressioni artistiche, non potrebbe esistere.


Sei fondatore e presidente di Ousia Armonica e direttore artistico di Claxica, quando sono nate e perché?

L'associazione Ousia Armonica nasce principalmente per dare una struttura organizzativa alla scuola di musica. Nel 2009, parlandone con Giovanni Maselli, abbiamo deciso di partire anche con Claxica: all'inizio sembrava quasi un gioco tra amici, infatti il primo anno è durata solo due giorni, ma già dal secondo anno la manifestazione ha iniziato a crescere velocemente, sia come numero degli insegnanti e dei concertisti, sia come quantità degli iscritti e impegno richiesto nell'organizzazione. Per l'edizione 2019 posso già anticipare che tra i docenti della masterclass avremo Lorenzo Micheli, Aniello Desiderio, Hubert Kappel, Carlo Marchione, Judicael Perroy, Paolo Pegoraro, Adriano Del Sal, Frederic Zigante, Giovanni Maselli, Johan Fostier.


Che rapporto vedi tra la musica classica e la musica contemporanea, e che spazio ha in Claxica?

Purtroppo oggi la musica classica e quella contemporanea rappresentano due mondi fortemente separati. Ovviamente il linguaggio espressivo è molto diverso e nei conservatori l'ambito contemporaneo è abbastanza trascurato, per lo più è lasciato alla discrezione dei docenti. Personalmente ritengo che sarebbe molto importante approfondirlo, perché offre all'esecutore un'apertura verso modalità espressive che coinvolgono nuove componenti alle quali non siamo abituati come esecutori. Per questo motivo, pur nei limiti delle possibilità del nostro festival, cerchiamo di valorizzare il più possibile anche la musica contemporanea.


Anche quest'anno Claxica prevede un programma fittissimo tra masterclass, musica d'insieme e concerti di professionisti già affermati: sembra un'ottima occasione per gli allievi...

È proprio questo il nostro scopo. Oltre naturalmente alle lezioni individuali, che rappresentano l'offerta più tradizionale della masterclass, dedichiamo molta attenzione al valore didattico della musica d'insieme, importante anche per gli aspiranti solisti, perché ti abitua molto all'ascolto: prestare attenzione a quello che fa chi suona insieme a te durante un'esecuzione ti aiuta sicuramente ad ascoltare meglio anche te stesso. Anche i concerti, che permettono di sentire ogni sera grandi concertisti, possono essere fonte di ispirazione e di stimolo per i ragazzi, anche per me è sempre stata un'esperienza molto utile.


Proviamo per un attimo a cambiare prospettiva: quanto pensi sia importante invece educare il pubblico all'ascolto?

Penso che il pubblico sia molto importante per l'esecutore, in fondo noi concertisti esistiamo in funzione del pubblico, o meglio ancora in funzione dello scambio tra esecuzione e ascolto, in un rapporto che dovrebbe essere reciproco e non solo in una direzione. Purtroppo però chi assiste ai concerti non sempre è in grado di recepire ciò che chi suona sta comunicando, credo che in Italia oggi sia difficile realizzare questa condizione ideale durante i concerti perché nella scuola manca sia una formazione musicale seria, sia la consapevolezza dell'importanza della musica nella formazione dei ragazzi.


Perché la musica è importante per i giovani?

La musica ti dà un'impostazione, in un certo senso ti aiuta a mettere in ordine le idee: per i più piccoli è una forma di educazione e un modo diverso di stare insieme, per chi decide di dedicare più tempo e attenzione allo studio di uno strumento può diventare anche una sorta di disciplina, oltre che un altro modo di comunicare.


Nei programmi delle stagioni concertistiche dei teatri la chitarra è poco o per nulla presente: pensi che sia una conseguenza del rapporto tra il mondo della chitarra e quello degli altri strumenti classici?

Nell'immaginario comune la chitarra è purtroppo ancora ritenuta uno strumento popolare, tra l'altro in un'accezione negativa che questo termine non merita neppure. Così oggi tutti i maggiori chitarristi, penso ad esempio a David Russell, Manuel Barrueco, Aniello Desiderio, si esibiscono quasi esclusivamente nell'ambito delle rassegne chitarristiche e poco nelle stagioni concertistiche dei teatri. Eppure il repertorio non manca di certo: oltre al repertorio dei secoli passati ed alle infinite trascrizioni, molti importanti compositori del Novecento, come Mario Castelnuovo Tedesco, Joaquin Turina o Berkeley Lennox, hanno composto brani originali per chitarra; penso che questa situazione sia da imputare a noi chitarristi, che non ci sforziamo abbastanza per uscire dal nostro mondo, effettivamente un po' chiuso in sé stesso.


Ringraziamo Giordano Passini per la sua disponibilità.

F.B.