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"XXX Convegno Chitarristico"

Modena

Teatro della Fondazione Collegio San Carlo

14 ottobre 2017




                                        di Edoardo Farina






Crediti fotografici:  Marco Cavina










…e 30 !!

Il “Convegno Chitarristico” organizzato dal Comitato Scientifico del progetto Chitarra in Italia tenutosi a Modena sabato 14 ottobre 2017, ha raggiunto finalmente la trentesima edizione: un evento che costituisce motivo di prestigio per la chitarra classica, il cui interesse è cresciuto enormemente negli ultimi decenni con insospettata rapidità, ponendosi in un incontro di studio e approfondimento di consolidato valore.


Dopo la presenza per alcuni anni presso le sale del Palazzo Coccapani - D'Aragona di Corso Vittorio Emanuele II, suggestivo cuore storico della città emiliana, avendolo già accolto nel 1933, la ripresa ufficiale è avvenuta nel 2009 dall'ultimo appuntamento risalente addirittura al 1962, mentre a partire dal 2013 l'iniziativa ha avuto di nuovo un carattere itinerante in linea con la tradizione avviata dal M° Romolo Ferrari (1894-1959) fautore della rinascita chitarristica italiana.

Facendo seguito alle edizioni di Sanremo, Brescia, Roma e Benevento,  la nuova è tornata con la collaborazione del Comune di Modena, ospitata presso il Teatro della Fondazione Collegio San Carlo i cui importanti meriti a favore dello strumento sono stati riconosciuti nella pubblicazione del volume “Romolo Ferrari e la chitarra in Italia nella prima metà del Novecento” (Modena, Mucchi, 2009).


Il programma come di consueto ha previsto diversi interventi affiancati a relazioni su temi di ricerca a cura di maestri e studiosi di chiara fama, nell'obiettivo di approfondire la storia chitarristica nel suo svolgimento dal Rinascimento a oggi, decretandone l'indiscutibile successo raggiunto nel promuovere cultura di elevata rinomanza verso un preciso intento di diffondere una particolare forma di espressione artistica che finalmente gode della giusta collocazione musicologica.


Ponendosi come confronto di studio di consolidato valore, volto alla conoscenza del repertorio dello strumento più poliedrico del mondo,  pregio fondamentale del Convegno fin dal primo incontro è stato da un lato l'alta professionalità dei solisti invitati, chitarristi di comprovata fama mondiale con proposte di programmi altamente appetibili per una presenza  eterogenea, dall'altro e nello stesso tempo, lo spazio alle interessanti conferenze didattiche, rivolte non necessariamente solo agli “addetti ai lavori” ma anche ad un pubblico particolarmente colto e incuriosito a conferma dell'intelligente impostazione che lo ha sempre contraddistinto.  


Sotto la medesima direzione artistica, Simona Boni ne ha voluto ricordare le origini,  l'importanza ancora una volta di Romolo Ferrari in linea con la tradizione da lui stesso instaurata, pietra miliare della chitarra non solo a Modena ma in tutta Italia, adoperandosi a suo tempo presso il Ministero per anni e contribuendo in modo decisivo all'avvio di un cammino rivelatosi lungo e faticoso verso il riconoscimento ufficiale dell'insegnamento della stessa negli  istituti statali.  


“Romolo Ferrari sosteneva: “fortunatamente vi è chi giunge in tempo a far rivivere la pura opera d'arte, riconoscendone i pregi e dando ad essa il giusto valore che merita” e al di là dell'evento che sancisce un nuovo capitolo della storia della chitarra in Italia - spiega Boni - le ragioni che rendono davvero forte il nesso tra il nostro strumento e la città di Modena  sono molteplici e si combinano in modo inscindibile con l'impegno di concertisti, compositori e didatti attivi che nel tempo passato e presente hanno dato il loro contributo all'arte chitarristica. Per questo motivo, in linea con lo spirito che muove questo progetto abbiamo voluto dare spazio ad alcune fra le tante personalità legate biograficamente alla Storia della Chitarra, affiancandole ad altre testimonianze artistiche provenienti da tutta l'Italia, in modo da raggiungere sempre una dimensione ricca ed articolata...”


Il primo intervento tradizionalmente in ordine cronologico e dedicato quindi al repertorio antico, è stato tenuto da parte di Paolo Cherici, docente presso il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano con il tema “Alle origine delle sei corde: la vihuela nel Rinascimento spagnolo”.


«La diversità di toni, suoni e ritmi correttamente proporzionati, con altri tanti pregi musicali trovano un'espressione compiuta sulla vihuela in misura superiore rispetto qualsiasi altro strumento. La musica che ne consegue, ha una maggiore perfezione e profondità, poiché le consonanze ne risuonano dolci e soavi essendo una tipologia di liuto che più di ogni altro appaga l'udito e rallegra lo spirito in virtù della sua sonorità intensa, capace di commuovere e infiammare l'animo di chi l'ascolta».


Questa breve citazione riportata da Enriquez de Valderrabano (Silva de sirenas, Valladolid, 1547), esprime come meglio non si potrebbe la considerazione di cui nella Spagna del Cinquecento godeva la vihuela, dalla forma simile alla chitarra armata di sei cori doppi per distinguerla da quella a quattro e diffusa nello stesso periodo, accordata con una disposizione intervallare simile al liuto ad eccezione dei cori gravi, all'unisono anziché ottavati. La produzione di musica per questo raro strumento si sviluppa nel breve arco di quattro decenni (dal 1535 al 1576) per poi cessare in maniera definitiva, lasciando alle odierne discipline musicologiche il complesso lavoro di ricostruire la parabola del cordofono in tutta la sua effettiva portata in riferimento soprattutto al numero delle opere pubblicate e alla qualità degli esiti artistici da esse conseguiti, che risultano in qualche modo sorprendenti se rapportati alla breve durata del suo percorso storico.


Per contro, vale la pena ricordare che la pratica del liuto, strumento che nelle altre nazioni europee era diffuso al pari della vihuela in Spagna, continuerà ancora ininterrotta per quasi due secoli producendo nel panorama editoriale tra Seicento e Settecento opere a stampa altamente significative, per non parlare delle raccolte manoscritte. Viene spontaneo chiedersi allora che cosa abbia determinato la rapida decadenza del “liuto spagnolo”  dopo un periodo di grande splendore e, secondariamente, come mai si contino solo un paio di vihuele originali pervenuteci a fronte della diffusione goduta all'epoca.


A riguardo, in mancanza di risposte certe, possiamo solo limitarci a osservare che essa evoca un repertorio di grande interesse, una civiltà musicale e letteraria nel suo complesso, una ricca iconografia, ma al tempo stesso configura una identità strumentale sospesa in una sorta di aura misteriosa, un po' come se si trattasse di una meteora dileguatasi dopo una breve apparizione. Tuttavia, al di là dei problemi relativi alla fase conclusiva della sua storia, rimane a testimonianza della centralità goduta nella vita musicale del siglo de oro comprendendo ben sette libri di intavolatura che nel loro insieme rappresentano uno dei contributi più importanti all'intera storia della musica strumentale del Rinascimento. La valenza artistica di queste pagine ci interpella ancora oggi reclamando un irrinunciabile lavoro di divulgazione musicale che coinvolge non solo gli strumenti praticati all'epoca, ma anche la moderna chitarra che ben si presta a riproporre le opere dei vihuelisti senza che vadano persi il carattere e l'equilibrio espressivo originali.


A seguire, l'intervento di Nicola Jappelli con la partecipazione di Pilar Moral (soprano) in Seguidillas e ariette italiane in “La musica per voce e chitarra di Fernando Sor”, è stato caratterizzato dalla presenza della voce per la prima volta nell'arco dei vari convegni svoltisi sinora.


«Ho ascoltato molte arie di Sor, cantate a Parigi dal tenore Lorenzo Pagans, e posso assicurare che l'originalità e la freschezza della melodia, l'interesse armonico e la vivezza del ritmo, le pongono ad un livello assai più alto a quelle di Garcia e Yradier, soprattutto si debbono a Sor alcuni boleri che sono dei veri gioielli». La cura e l'attenzione verso la vocalità ne è stata una costante nella sua attività; abile cantante dedicò nel suo fondamentale Méthode pour la guitare del 1830 non poche pagine ai problemi dell'accompagnamento della voce e compose appositamente una splendida arietta (Lagrime mie d'affanno) come modello di scrittura, inoltre il corpus delle sue opere originali per voce e chitarra ha nelle Seguidillas il nucleo centrale. Riportate in luce da Bryan Jeffery – che ne pubblicò un set per voce sola e  chitarra e un secondo volume per più voci e accompagnamento di chitarra – sono una testimonianza della straordinaria sapienza compositiva del musicista catalano.


Sor fu anche l'autore dell'articolo Il Bolero nella Encyclopedie Pittoresque de la Musique di Ledhuy e Bertini, pubblicata a Parigi nel 1835: proprio grazie a lui abbiamo una fonte importante sul genere della seguidilla. Come acutamente nota Paolo Paolini «l'argomento dei testi, genericamente amoroso con la tristezza come affetto predominante, inclina non di rado verso un erotismo criptato di doppi sensi, ma talora anche esplicito.


La passione, l'arguzia salace, l'ironia che esprimono salgono direttamente dal popolino e i testi più riusciti sono veri e propri capolavori dell'arte profana». Le Ariette italiane, scritte presumibilmente a Londra tra il 1815 e il 1823, sono invece concepite con accompagnamento pianistico. Qui l'esemplare condotta polifonica della tastiera dialoga con una linea vocale purissima: pagine che meritano una diffusione ampia e che ci appaiono agli stessi alti livelli di autori più noti. La proposta di una trascrizione per chitarra ne rivela l'aspetto ancor più intimo ed espressivo.


Alberto Mesirca con “La scoperta delle opere originali per chitarra provenienti dalla Collezione Sutro della Biblioteca Statale di San Francisco”.


“Nel giugno del 2014 - sostiene Mesirca -  in occasione di due concerti tenuti per la Guitar Foundation of America e per l'Istituto Italiano di San Francisco, sono entrato in contatto con Meredith Eliassen e Diana J. Kohnke, bibliotecarie presso la San Francisco State Library. Ciò che questo incontro ha portato è stata per me un'importante scoperta: il potente uomo d'affari Adolph Sutro (1830-1898) aveva donato alla San Francisco State Library una collezione di preziosi manoscritti acquistati in Messico, tra i quali spiccano tre volumi di rilievo, uno dedicato a coplas spagnole del periodo barocco, per voce e continuo e due volumi più tardi, dedicati alla chitarra a sei e sette corde, oggetto del presente intervento.


La particolarità di questi materiali, oltre alla indubbia qualità artistica dei brani presentati, consiste nel fatto che, trattandosi di libri che la biblioteca deve ancora rendere pubblici, vengono presentati in prima esecuzione italiana”.