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Il dialogo cameristico tra chitarra e contrabbasso, poco comune nel repertorio classico, ha trovato nel Novecento largo impiego nel jazz, soprattutto quello di stile manouche, e nei linguaggi di contaminazione tra musica colta e popolare, come il Tango o la Bossa Nova. La definizione armonica e la spazializzazione che il basso conferisce al suono della chitarra consente, già col solo impiego del pizzicato, una maggiore profondità di intenti, ma se poi si utilizza anche l’arco si possono ottenere risultati veramente sorprendenti, a tratti quasi orchestrali.

Il presente lavoro, che corona una lunga gestazione nella stesura degli arrangiamenti a cura di Valerio Celentano, testimonia e conferma questo assunto: ognuno dei due strumenti è protagonista nel suo ambito, non intralcia, anzi valorizza l’altro perché ne amplifica il diapason, la tavolozza timbrica, la cantabilità vibrante e le potenzialità percussive. Sicuramente erano sintonizzati su questa lunghezza d’onda anche due indiscussi protagonisti, e tra loro amici, del chitarrismo italiano del Novecento: Mario Gangi e Franco Cerri. Entrambi hanno militato professionalmente a livello internazionale utilizzando entrambi gli strumenti.

La mirata selezione proposta da Celentano e Cuciniello investiga alcune danze caratteristiche - ma forse non troppo conosciute - dalle radici afro americano, come ad esempio il Tango brasileiro, qui rappresentato da Batuque e Odeon di Ernesto Nazareth (1863 – 1934) e, con peculiari varianti, dal Maxixe di Augustin Barrios (1885 – 1944). Nazareth è stato un compositore e pianista di sala brasiliano, con una certa reputazione a cavallo tra i due secoli; entrambi i brani vennero concepiti per pianoforte, ma sono stati poi eseguiti dagli organici più disparati e specialmente dal concertino itinerante a corde pizzicate composto da violao eptacorde e cavaquinho al quale potevano aggregarsi percussioni, solitamente di intonazione grave, e flauto. Barrios invece era un chitarrista paraguaiano di grande virtuosismo e perciò l’attenzione al contenuto strumentale delle sue opere ha forse talvolta sopravanzato la spontaneità dell’ispirazione, tuttavia con Maxixe egli raggiunge un buon bilanciamento tra le due istanze. Ancora di Barrios vengono proposti due brani tratti dalla Suite andina: Aire de Zamba e Aconquija; di questa Suite non è chiaro l’anno di composizione, ma è evidente l’ispirazione popolare e territoriale, nata “sul campo” nel costante peregrinare del musicista attraverso lo sconfinato continente latino americano. Da notare l’incipit monodico di sei misure di Aconquija, che - a testimonianza della persistenza di certi stilemi musicali in territori anche notevolmente distanti tra loro - anticipa vagamente la scala pentatonica della Danza del Altiplano, scritta da Leo Brouwer alcuni decenni più tardi.

Più moderna è la Danza Brasileira di Jorge Morel (1931) - chitarrista e compositore argentino trapiantato negli Stati Uniti - che per stessa dichiarazione del suo autore attinge a piene mani a ritmi e armonie jazz. Nonostante questo brano sia il meno etnico della raccolta, suscita interesse e riscuote successo nelle esecuzioni dal vivo per il virtuosismo che mette in mostra e per le inedite colorature.

Un siparietto a se stante è costituito dalla Bachianinha n. 1 di Paulinho Nogueira (1929 – 2003) e da La Catedral di Augustin Barrios per il più o meno esplicito tributo al genio bachiano, che se nel primo caso è un po’ di maniera e si limita alla appropriata gestione del basso discendente e del pedale superiore, ne La Catedral raggiunge più complesse vette estetiche e interiorizzazioni: è questo senza dubbio uno dei Titoli predominanti nel catalogo di Barrios, sul quale egli ritornò a lavorare in più riprese, fin quasi alla fine dei suoi giorni. In generale si riscontra in molti compositori latinoamericani del Novecento, da Villa Lobos a Piazzolla, un notevole interesse per il Barocco europeo, per cui il riferimento a Bach può essere inteso in senso lato, comprendendo anche citazioni da Vivaldi, Scarlatti, Paradisi ed altri autori coevi.

Paulinho Nogueira, grande chitarrista e didatta brasiliano (è stato tra l’altro uno dei maestri di Toquinho), ha composto alcuni divertissement di questo genere appellandoli, con rispettosa modestia, col diminutivo di Bachianinhas.

Ritorniamo a Ernesto Nazareth con Resignaçao, forse l’ultima opera, pubblicata postuma nel 2008. Il manoscritto originale reca la data del giugno 1930, ossia quattro anni prima della morte. Si tratta di un Valzer lento, nostalgico e amoroso che probabilmente canta il rassegnato arrendersi dell’autore all’epilogo della vita. La stesura originale, contrariamente ad altri brani di Nazareth, è poco elaborata strumentalmente: non è dato sapere se perché l’opera sia rimasta abbozzata o perché fosse volutamente ricercata una essenzialità di messaggio, senza orpelli e vanità pianistiche. La versione presentata in questa antologia risente della rivisitazione fattane recentemente dal pianista André Mehmari.

Per finire Cancion e Danza de la Paloma Enamorada, splendide pagine del compositore, cantante e scrittore argentino Atahualpa Yupanqui (1908 – 1992), pseudonimo di Héctor Roberto Chavero Aramburo, il cui padre, ferroviere, era un indio Quechua e la madre, casalinga, una iberica basca; anche geneticamente egli ha rappresentato, dunque, la vera fusione culturale ispano-americana. Scrive di lui l’etnomusicologo Gabriele Cini: ”nel suo pseudonimo, che deriva dai nomi di due famosi Incas, c’è già tutto il suo destino di cantore: Atahualpa significa infatti in lingua Quechua Terra che cammina, mentre Yupanqui significa Colui che racconta storie”. Per questo e tanti altri motivi di investigazione sociologica Yupanqui si è meritatamente conquistato il titolo di icona narrativa del proletariato rurale del Sudamerica interno e montuoso, contraddistinto dalla marginalità, da una miseria irreversibile, ma da una umanità al tempo stesso semplice e consapevole.

Con queste parole Yupanqui descrive il suo essere artista: “Sono sempre stato ispirato dalla terra, dalla mia terra: è la cosa che conosco meglio. Tutto passa, solo lei non passa mai. Tutto ciò che canto, l’ho camminato prima, da contadino, senza sapere che l’avrei cantato. Io sono un campesino, canto la tradizione della mia gente: la terra, il cavallo, la solitudine, la nostalgia dell’amore. Il mondo degli uomini che hanno duecento idee e venti parole per esprimerle”.

Quanto finora sinteticamente illustrato trova maggiori spunti di riflessione e di emozione nell’ascolto di questo disco di indubbia originalità. I due eccellenti solisti, pur partendo da un approccio classico/accademico, ben riescono a slatentizzare il tactus istintuale e l’arcaismo immemore di questa bellissima musica, patrimonio dell’umanità.

Antonio Grande - Napoli, 26 dicembre 2017


The dialogue between guitar and double bass, not very common in classical repertoire, has been largely employed in jazz mostly in Manouche style and other languages of classic music contaminated by popular music such as Tango or Bossa Nova. The double-bass  enriches the harmonic definition of the guitar and deepens its sound just only with the pizzicato, and using also the bow you can obtain some really surprising results like an almost orchestral effect.

This album is a coronation of a long period of research and work on the arrangements by the Chi Asso duo. It testifies and confirms the above thesis: each one of the two instruments is a leading actor within its range, they don’t disturb each other, rather one valorizes the other,  widens its diapason, the tone variety, the vibrant melodiousness and percussive skills.

This focused selection made by Celentano and Cuciniello investigates some characteristic dances with Afro-American origins as the Tango Brasileiro (Batuque and Odéon by Nazareth and, with some peculiarities, Maxixe by Barrios).

Nazareth  was a Brazilian composer and piano player well known at the end of nineteenth and at the early twentieth century. Both of his works were composed for piano solo but often played by various instrumental  formations.

Barrios was a great Paraguayan guitar virtuoso and that is why in his works the instrumental contents dominate over the spontaneous inspiration. Anyway, in Maxixe he manages to reach a good balance between the two instances.

In this compilation, you will find two other tracks by Barrios, "Aire de Zamba" and "Aconquija" (from Suite Andina). Those ones were born during the long travelling of the composer through the limitless Latin- American continent and it is a clear tribute to the Argentinian folk music.

Danza brasileira by Jorge Morel (1931), an Argentinian composer and guitarist moved to U. S. A., is much more modern: this beautiful Samba is mixed with jazz harmony and is always a successful piece especially in live performances for its intense rhythm and its explosive virtuosity.

“Bachianinha n°1” by Paulinho Nogueira (1929- 2003) and “La Catedral” by Barrios are both a tribute to the genius of J. S. Bach and, for that, are maybe the less ethnic pages in this anthology.

Returning to Nazareth, his "Reisignaçao”, published posthumous in  2008, is a slow, nostalgic love waltz which seems to be the author’s singing surrender to his life's epilogue. The Chi Asso’s arrangement is influenced by the André Mehmari version.

The last two pieces are: the marvelous “Danza de la paloma enamorada” and  “Cancion”, composed by an Argentinian musician, singer and writer Hector Roberto Chavero Aramburo alias Atahualpa Yupanqui (1908-1992). The composer's father was a Quechua, his mother a Hispanic Basque: in fact his works express a real Hispanic - American fusion of cultures. Atahualpa used to say:" I have always been inspired by land, my land: it is what I know best. Everything I sing I have walked it through before as a peasant, without knowing I would ever sing it. I am a “campesino”, I sing my people's story: the land, the horse, the loneliness,  the melancholy of love. The world of the men with two-hundred ideas and twenty words to express them."

The above brief presentation is a fruit of reflection and emotions while listening to this compilation of doubtless originality.

The two excellent soloists, although coming from an academic and classic approach, express very well the instinctive tactus and archaism of this beautiful music which is a world's heritage.

(Translation by Anna K. Ir and Maria Rosaria Schettino)