Presentazioni

Libri Partiture CD Accessori

di Bruno Benvenuto


Bruno Benvenuto


SCOTT JOPLIN

PER CHITARRA


Editore: Aracne

Data di Pubblicazione: nov. 2017

EAN: 9788825508581

ISBN: 8825508581

Pagine: 48

(Vai al Link)




Prefazione/Preface di Bruno Benvenuto


Nel Gennaio del 1917 si spegneva a New York la vita di Scott Joplin, il “re del ragtime”, all’età di 49 anni. Nonostante il successo e la fama acquisita da giovane, la notizia della sua scomparsa è stata taciuta all’epoca, come anche la sua intensa attività musicale e la sua produzione artistica, finite nel dimenticatoio per buona parte del XX secolo, sorte toccata a tanti musicisti nel corso della storia.


Enfant prodige, cresciuto in una famiglia povera incline alla musica solo occasionalmente e per diletto, il giovane Scott ha dovuto lottare con realtà ben più amare che quella di trovare riconosciute in famiglia (per la verità dal padre) e avallate le sue spiccate potenzialità.


I pregiudizi razziali imperavano e ad un giovane nero poteva schiudersi solo un futuro di umili impieghi, fatti prevalentemente di manovalanza, non certo di musica.      

Se tanti musicisti bianchi sognavano di potersi affrancare dal dominio culturale europeo, instauratosi già dal XVI secolo e variamente contaminato, in favore di una musica che fosse finalmente e totalmente americana, ostacoli insormontabili erano riservati ai neri, “colpevoli” perfino del colore della loro pelle…! Antonin Dvořák, compositore boemo, docente al National Conservatory di New York, ravvisò nello spiritual afroamericano il germe per la futura musica “cólta” americana, attingendovi lui stesso in alcuni suoi lavori.


Scott Joplin, tra i più grandi e indiscussi esponenti della musica afroamericana, è stato tra i primi musicisti della sua epoca a dare un prezioso contributo per il conseguimento di un risultato “americano”, che potesse di contro suscitare negli europei la voglia di imitare la musica del Nuovo mondo, ancor prima dell’avvento del jazz ed in modo differente da questo.


“Padre del ragtime” Joplin ha dato a questo genere uno stile compiuto, determinato, grazie anche alla personale esigenza di scrivere i brani, diversamente da quanti precedentemente e contemporaneamente a lui facevano. Questa differenziazione ha contrassegnato la forma da lui praticata come “Ragtime classico”, (termine coniato dal suo editore John Stark), caratterizzato inoltre dalla combinazione di elementi afro e folk americani con il romanticismo europeo.


Questa simbiosi fu senz’altro dovuta alla formazione eclettica di Joplin, avvenuta per metà attraverso la pratica di musica popolare e per metà attraverso gli studi condotti con musicisti europei, primo fra tutti il tedesco Julius Weiss, al quale soprattutto è dovuto il suo incontro con la musica folk europea, quella “classica” (principalmente la polka, la marcia, il valzer, il rondò), e l’opera, più volte attuata e che coronerà il sogno di Joplin fino ai suoi ultimi giorni.


E’ forse dovuto a questa magica fusione tra il romanticismo europeo e gli albori del jazz questo mio tributo a Scott Joplin, nel centenario dalla sua morte: la ricchezza della sua musica risiede nella capacità di aprire la mente alla musica improvvisata di origine afroamericana a chi proviene da ascolti di musica codificata di estrazione europea.


E questa dimensione è resa ancor più solida dal connubio della smisurata fantasia di Joplin con una componente fortemente riflessiva che lo portava a contenere le sue idee in forme ben articolate e strutturate ed a codificarle in notazione musicale; grazie a questa sua ulteriore dote oggi è stato possibile ricostruire il senso della sua musica, con il supporto delle sue poche primitive registrazioni dal vivo.

La riscoperta di Joplin è avvenuta soltanto negli anni ’70 e l’evoluzione di quanti lo hanno rivalutato non ha portato infondo ad un efficace e completo riconoscimento: i suoi rag sono sempre stati presentati in forma misteriosamente ridotta; si pensi a “The Entertainer” di cui viene eseguito solitamente il primo refrain, od alla seppur autorevole interpretazione di Keith Emerson di “Maple Leaf rag”, circoscritta ai primi due refrain.

Il ragtime di Joplin si lascia apprezzare (anche) per la sua articolazione in quattro diverse sezioni caratterizzate da scelte melodiche e armoniche differenti. Inevitabilmente ciò ha portato, come per alcuni brani di musica “classica”, alla nascita di “tormentoni” e conseguentemente all’esclusione dei brani in questione dai propri ascolti.                              


Contributo determinante nella mia scelta di approfondire la sua musica è stato il film “Scott Joplin” di Jeremy Paul Kagan del 1977, nella splendida interpretazione di Billy Dee Williams, magistralmente supportato dalla fotografia di David M. Walsh. Anche se i dati ivi riportati a volte non coincidono con quelli dall’autorevole e più attendibile biografia di Edward A. Berlin, il film rende giustizia allo spessore di Joplin ed alla suggestiva quanto veritiera collocazione nel suo ambiente e nella sua epoca.

E se l’occasione di questa pubblicazione, grazie al contributo delle Edizioni Aracne, vuol richiamare l’attenzione sull’interesse che il ragtime ha suscitato in compositori come Debussy, Ravel, Stravinskij, Les Six, la sua versione “per chitarra” intende rivolgersi non più o non solo ai cultori di Blind Blake, Reverendo Gary Davis, Robert Johnson…, ed agli strumentisti fingerstyle, ma al chitarrista classico, perché possa spaziare in una letteratura ancora troppo poco esplorata e dalle risorse tecniche, ritmiche e armoniche di rilievo.                                   

In “Scott Joplin per chitarra” ho scelto otto ragtime, scelti tra quelli più famosi, quelli più vari nella forma musicale e quelli più adatti alla chitarra. Il libro è corredato di un’analisi ritmica, armonico-strutturale, per una più consapevole scelta interpretativa.


B.B.