O’ Marenariello

 

di Alessandro Altieri

sandroaltieri@alice.it

‘O Marenariello

(Gambardella - Ottaviano)

Buongiorno e bentrovati a tutti coloro che seguono con affetto ed attenzione questa rubrica di trascrizioni. Oggi, così come richiestomi da diverse mails ricevute nei giorni scorsi, voglio sottoporre alla Vs. attenzione l’ennesima trascrizione per il nostro strumento di una celebre canzone napoletana: questa volta è toccato a ‘O Marenariello.

Anche questa, così come tante altre parimenti celebri e diffuse, come ho già detto in troppe altre occasioni, mi “suona in testa” dalla notte dei tempi, essendo parte di quel repertorio classico col quale mio padre, complice uno sgangherato giradischi monofonico, era solito dare la sveglia all’intera famiglia ai tempi che furono.

Forse fu la melodia accattivante, di ispirazione belliniana, ad un tempo triste e malinconica ma pure, nel modo maggiore, allegra e festosa, forse fu il ritmo di valzer lento che, alle mie ben poco erudite orecchie di ragazzino suonava semplice ed immediato, forse fu quel “qualcosa in più” che sempre emerge dalle composizioni geniali, pur nella loro disarmante semplicità, e colpisce in fondo al cuore, laddove siamo più vulnerabili, forse quel che volete voi, fatto sta che questa canzone divenne una delle mie preferite fin dal primissimo ascolto.

Ancora oggi, se chiudo gli occhi, mi sembra di rivedere il 45 giri, già allora logoro e graffiato dai numerosissimi ascolti, che gira sul piatto sballonzolando di qua e di là.

L’autore di questa melodia immortale fu Salvatore Gambardella (Napoli, 17 novembre 1871 - Napoli, 29 dicembre 1913); purtroppo scomparso all’età di soli quarantadue anni, egli è stato uno dei non pochi compositori di Napoli che ci ha lasciato melodie celeberrime pur senza essere musicista nel senso stretto del termine. Infatti “trascorse l’infanzia a giocare con gli scugnizzi suoi coetanei e a strimpellare vecchi motivi su uno scassato mandolino pescato chissà dove: per lui, incolto e a malapena padrone dell’alfabeto, la musica era un istinto” .

Il papà era un umile portinaio di palazzo in Via Montecalvario e non potette garantirgli alcuna erudizione. Appena possibile, ovvero molto presto, si cercò, stante le ristrettezze familiari, di trovargli una occupazione; il destino volle che egli finisse apprendista garzone presso un fabbro ferraio (Vincenzo di Chiara) che aveva bottega in Piazza Mercato e che si dilettava, a volte con buon riscontro di pubblico, nel musicare testi di canzoni.

Indubbiamente il suo talento artistico venne influenzato non poco dalle frequentazioni di quella bottega e dal proprietario “compositore”.

Così il ragazzo continuò a dare sfogo al suo estro creativo naturale strimpellando il mandolino e continuando ad inventare melodie, a volte soltanto fischiettandole, non avendo la capacità di fissarle su carta. Narra la leggenda che, un giorno, un altro scugnizzo come lui, il “poeta” Gennaro Ottaviano, si recasse presso quella bottega perché aveva in animo di far mettere in musica, dal Di Chiara (titolare del negozio e rinomato compositore come s’è detto) alcuni suoi versi scritti pochi giorni prima. Pare però che in quel momento il titolare fosse fuori sede ed il ragazzo (in quei giorni il Gambardella aveva vent’anni o poco più) non si fece sfuggire l’occasione per proporsi come autore componendo, (leggenda vuole all’impronta e sui due piedi) la celeberrima melodia che oggi tutti conosciamo.

Come tutte le leggende che si rispettino anche questa va presa con le molle e, francamente, dubito molto della sua fondatezza. Anche e soprattutto perché la storia ci dice che la canzone apparve, in una prima stesura su “La Tavola Rotonda”, con il titolo di “’O mare e ba”, con versi di Diodato Del Gaizo e con riscontri di pubblico davvero modesti. Soltanto in seconda battuta le parole vennero sostituite con quelle di Ottaviano, che oggi rappresentano la stesura definitiva, dando così l’avvio, da quel momento in poi, all’inarrestabile successo che la canzone ha conosciuto negli anni e di cui ancora oggi gode.

Per la cronaca il Gambardella, grazie proprio al successo che ebbe la canzone oggetto di questa trascrizione, fu notato dall’editore F. Bidèri, il quale acquistò i diritti di “’O Marenariello” per poche lire e gli affiancò il M° Achille Longo, insegnante, all’epoca, del Conservatorio di San Pietro a Majella.

Il Maestro si fece carico di istruire il ragazzo coi primi rudimenti musicali e, nel frattempo, fissò su carta per lui le melodie che il suo giovane talento sfornava a getto continuo. Leggenda vuole che, avendo ascoltato da Ernesto Murolo la canzone Furturella, composta, per l’appunto, dal nostro Gambardella, nientepopodimenoche il grande Giacomo Puccini chiedesse informazioni intorno al talentuoso compositore e, colpito dalla sua genialità e dalle misere condizioni nelle quali versava, gli regalasse un pianoforte invitandolo ad esercitarsi.

 

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