Munasterio ‘e Santa Chiara

 

DUE PAROLE SULLA TRASCRIZIONE

La trascrizione di questa “puntata” è in tonalità di Re, con la sesta corda abbassata di un tono. Non sono presenti, come al solito, particolari difficoltà tecniche. Laddove indicato consiglio di seguire i suggerimenti della diteggiatura, specie rispetto alle corde da usare, per ottenere al meglio il “cantato” e lasciare in subordine le parti di controvoce e/o accompagnamento.

L’introduzione iniziale, giocando con la parte cantata alternativamente dal basso e nell’ottava più alta, apre la trascrizione in modo maggiore per confluire, poche battute dopo, il più naturalmente e dolcemente possibile, nell’enunciazione della strofa (modo minore)

“Dimane, ma vurria partì stasera
luntane no, nun ce resisto cchiù”

L’autore sta per tornare a Napoli ma le voci che gli sono arrivate da parenti ed amici non lo tranquillizzano affatto. La sua città potrebbe non essere più quella che ha lasciato qualche anno prima.

“Dice ca c'è rimasto sulo 'o mare
che è 'o stesso 'e primma...chillu mare blu!”

Per inciso dovremmo provare, nel senso migliore che riesco a conferire alla parola, persino un po’ di invidia per quelli di quei tempi là.  Infatti, noialtri, non siamo stati in grado di conservare ai posteri, nemmeno “chillu mare” pur risparmiato da un conflitto di quella portata.

La parte viene eseguita nell’ottava centrale con i bassi che, arpeggiando l’accordo di Re in corde vuote, si “sommano” e si compenetrano nel tentativo di riprodurre l’animo grave e pesante dell’autore. Poche battute e la melodia confluisce nell’accordo di la7/9 che prelude al ritornello in modo maggiore e che, in un certo qual modo “annuncia” una distensione dell’animo, se non nelle parole del testo almeno nell’aria della parte cantata. Non dura molto, però; giusto il tempo di un ritornello e si torna all’angoscia che domina l’intero brano

No...nun è overo...
no...nun ce créro...
E moro cu 'sta smania 'e turná a Napule..

Ma ch'aggia fá?...
Mme fa paura 'e ce turná!.

Gli armonici al XII°, cercando di imitare il suono delle campane del monastero, spezzano in due questo lavoro di trascrizione e separano nettamente la prima parte dalla seconda.

Qui troviamo il canto della strofa enunciato nell’ottava superiore ad amplificare il timore che “fosse tutt’overo” e che “’a gente avesse ditto ‘a verità”. Ancora un gioco di “inversione di ottava” delle parti cantate e si torna all’accordo di La7/9 che introduce il ritornello, questa volta eseguito con l’immancabile tecnica del tremolo, coi mandolini che vibrano tutta la parte del canto.

Ma l’autore non può, e soprattutto non vuole, credere che le cose stiano così, che la città non sia più la “sua” amata e vissuta compagna di tanta vita trascorsa.

No...nun è overo...
no...nun ce créro...

La sua anima si rabbuia ancora e la trascrizione cerca di prenderne atto, cantando nel modo struggente che solo la chitarra sa intonare – specie se nelle mani giuste – la parte conclusiva.

E moro cu 'sta smania 'e turná a Napule

Ma ch'aggia fá?...
Mme fa paura 'e ce turná!.

Le cose che si amano troppo, (così come le persone) a volte ci mettono addosso una inquietudine dell’anima, si accompagnano, o possono farlo, ad uno smarrimento interiore, ad una angustia dello spirito; sentimenti questi che probabilmente vengono dalla paura di poterle perdere, che derivano dalla possibilità che esse possano mutare, modificarsi, cambiare ed andarsene, lasciandoci ad ululare alla luna la nostra solitudine, come purtroppo (o, chi lo sa?, magari, nella giusta chiave di lettura bisognerebbe dire “per fortuna”) sempre accade alle cose di questo lento ma inesorabile scorrere quotidiano che chiamiamo Vita.

Grazie per avermi sopportato anche stavolta.

Un e-bbraccio a tutti Voi.

Alessandro ALTIERI












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di Alessandro Altieri

sandroaltieri@alice.it